Piuttosto spesso capita di inciampare o cadere su una buca presente sul manto stradale e/o sui marciapiedi a causa della cattiva manutenzione da parte dell’Ente proprietario.
Il fenomeno è diffuso e il proprietario o il diverso ente che ne abbia la custodia è responsabile per la caduta del pedone.
Che cosa si intende per responsabilità da cose in custodia?
Stabilisce l’art. 2051 c.c. che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Tale ipotesi di responsabilità si applica anche agli enti pubblici in relazione ai danni provocati da beni appartenenti al demanio.
Dal punto di vista pratico, la responsabilità da “cose in custodia” presenta per il danneggiato il vantaggio, rispetto alla responsabilità “ordinaria” ex art. 2043 c.c., di far operare una presunzione di colpa a carico dell’ente proprietario della strada, che potrà liberarsi solo dimostrando la sussistenza nel caso di specie del “caso fortuito”.
Il danneggiato, pertanto, deve provare solamente che la strada sconnessa fosse soggetta alla custodia dell’ente pubblico e che sussista un collegamento diretto ed immediato (c.d. “nesso di causa”) tra la buca e la sua caduta a terra, quest’ultima verificatasi come normale conseguenza dello specifico stato, virtualmente lesivo, assunto dal bene pubblico.
In che cosa consiste l’ipotesi del “caso fortuito”?
Si parla di caso fortuito per indicare un fatto che al contempo:
- sia estraneo alla sfera di custodia dell’ente
- sia causa o concausa del danno
- possa definirsi imprevedibile ed eccezionale
In buona sostanza, dal momento che al custode è richiesto di prevenire anche il possibile fatto del danneggiato, per quanto possibile evitandolo, si può parlare di caso fortuito:
- sia alla presenza di comportamenti rispetto ai quali al custode stesso non possa imputarsi alcun potere di controllo
- sia se il concretizzarsi di detti eventi appaia come impossibile o poco probabile
Tra le ipotesi di caso fortuito idonee a far venire meno la responsabilità risarcitoria dell’ente proprietario / custode della strada vi può essere anche la “condotta del danneggiato”.
L’imprudenza del pedone: il principio di autoresponsabilità
In linea generale possiamo dire che laddove l’utente stradale sia stato imprudente e negligente nel servirsi del bene demaniale, ed in conseguenza di ciò abbia riportato un danno, vi è la possibilità che si configuri una ipotesi di caso fortuito idonea a mandare esente da responsabilità il proprietario / custode.
Prevede infatti l’art. 1227 c.c. che “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità̀ delle conseguenze che ne sono derivate”: è il c.d. principio di “autoresponsabilità” in conseguenza del quale l’ordinamento esclude che possa considerarsi risarcibile il danno che taluna provoca a sé stesso.
Attenzione però: ciò non significa che sempre e comunque al pedone che se ne vada a spasso senza essere accorto a dove cammina, e così facendo inciampi in una buca anche visibile, non possa essere riconosciuto alcun risarcimento.
Secondo un orientamento giurisprudenziale più favorevole al danneggiato, infatti, l’eventuale disattenzione del pedone non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’ente proprietario-custode della strada laddove esso non abbia dato rigorosa dimostrazione di aver fatto tutto quanto in suo potere per eliminare o limitare la situazione di pericolo (cfr. Cass. Civ., n. 6326/2019).
Ed infatti il “caso fortuito” previsto dall’art. 2051 c.c. non può ritenersi integrato sul solo presupposto della colposa condotta della vittima della caduta, dovendo invece presentare, come detto in precedenza, anche i caratteri della imprevedibilità e della eccezionalità (cfr. Cass. Civ., n. 25018/2020).
Esempio tipico del caso fortuito è costituito dalla condotta del soggetto che, pur a conoscenza della situazione di dissesto della strada e dei luoghi, tenga comunque una condotta imprudente o non accorta: in questo caso l’ente pubblico potrà invocare l’esenzione da responsabilità (cfr. Cass. Civ. n. 17443/2019).
Il comportamento imprudente e colposo del danneggiato esclude totalmente la responsabilità del custode soltanto nel caso in cui sia abnorme, cioè estraneo alle possibili situazioni prevedibili in relazione allo stato specifico della strada; in caso contrario può assumere solo ruolo di concausa del fatto lesivo rilevante ai fini della riduzione del risarcimento dovuto alla vittima (cfr. Cass. Civ., n. 456/2021).
Come comportarsi se si è vittime di caduta a causa di buca stradale?
Per poter aspirare ad ottenere il risarcimento del danno subito, pur nell’emotività del momento, occorre prestare attenzione ai passi da compiere.
Subito dopo l’infortunio, una volta accertato di non aver riportato lesioni che necessitino l’intervento immediato di un’ambulanza (nel qual caso è sempre bene chiamare i soccorsi), è importante eseguire alcune semplici operazioni:
- fotografare la buca e la sua posizione sulla strada, così da poterne dimostrare le caratteristiche anche in epoca successiva
- verificare se vi sono testimoni che hanno assistito alla caduta e, in caso positivo, chiedere loro le generalità. Com’è evidente, le dichiarazioni di testi oculari sono necessarie ai fini della prova dei fatti
- richiedere l’intervento dell’Autorità, giacché i rilievi che fossero effettuati da agenti di polizia hanno una intrinseca maggiore credibilità e possono anche assumere valore di “piena prova” secondo quanto previsto dall’art. 2700 c.c.
Quali danni possono essere chiesti in ristoro?
Secondo quanto previsto dall’art. 1223 c.c. il risarcimento del danno dev’essere integrale e deve comprendere sia le spese sostenute (c.d. “danno emergente”) e sia il mancato guadagno (c.d. “lucro cessante”) in quanto siano “conseguenza immediata e diretta” del fatto illecito (nel nostro caso della caduta a terra a causa del cattivo stato della strada pubblica).
L’ente proprietario/custode, pertanto, una volta che fosse riconosciuto responsabile per il fatto, sarà tenuto a risarcire tutti i danni materiali e non patrimoniali riportati dal danneggiato.
Quanto ai primi (danni materiali) vi rientrano sia le spese sostenute per riparare o sostituire cose andate danneggiate nella caduta (ad es., cellulare, orologio, occhiali, vestiti, etc.) e sia le spese mediche affrontate per le visite e cure effettuate.
Quanto ai secondi (danni non patrimoniali) consistono nel ristoro delle lesioni fisiche subite dal soggetto infortunato.
Una volta terminato l’iter di cura, mediante l’effettuazione di visite mediche specialistiche e fisioterapiche, è necessario individuare i postumi delle lesioni subite. sottoponendosi ad una specifica visita con un medico legale di propria fiducia che consenta di individuare:
- il periodo di invalidità assoluta e/o temporanea
- il grado di invalidità permanente
- eventuali incidenze negative delle lesioni sull’attività lavorativa
- eventuali ripercussioni delle lesioni sulle attività ludico-ricreative che giustifichino una personalizzazione del danno
- la congruità e pertinenza delle spese mediche sostenute
Accertate in questo modo le lesioni si potrà procedere alla quantificazione del danno tramutando le risultanze dell’accertamento medico legale in valore monetario secondo equità (ex art. 1226 c.c.) con applicazione delle Tabelle predisposte dall’Osservatorio della Giustizia di Milano (cfr. Cassazione Civile, Ordinanza n. 8468/2020). Data la obiettiva complessità della gestione del sinistro, è consigliabile che queste operazioni vengano seguite da un legale di fiducia il quale avrà tutti i mezzi per trattare la liquidazione del danno.
[…] punto di regime probatorio, approfondito in altro articolo, basti evidenziare che il danneggiato dovrà dimostrare che il danno è derivato direttamente dalla […]