L’infortunio sul lavoro è un evento che il lavoratore subisce, durante ed in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa e per una causa violenta, in conseguenza del quale deriva in capo al lavoratore una lesione o una malattia per la quale è necessario assentarsi dal lavoro per un periodo di tempo superiore ai 3 giorni (cfr. art. 2, co. 1 D.P.R. n. 1124/1965).
Gli elementi integranti l’infortunio sul lavoro sono dunque:
(a) la lesione subita dal lavoratore;
(b) la causa violenta della lesione;
(c) l’occasione di lavoro.
Esso può essere sì conseguenza di una tragica fatalità, spesso tuttavia deriva dal mancato rispetto, da parte del datore di lavoro, di norme antinfortunistiche. Nell’uno e nell’altro caso le conseguenze sono diverse.
L’indennizzo INAIL nel caso di “fatalità”
Nel primo caso (fatalità dell’incidente), essendo insussistente la responsabilità del datore di lavoro per l’evento, il lavoratore avrà accesso alle prestazioni economiche erogate dall’INAIL, e cioè ad essere indennizzato di una somma erogata una tantum e determinata sulla base delle tabelle previste dal Testo Unico sugli infortuni sul lavoro nel caso di postumi permanenti dal 6% al 16%; ovvero di una rendita vitalizia nel caso di invalidità superiore al 16%.
Nulla, invece, per l’ipotesi di invalidità inferiore al 6%.
Occorre precisare che l’INAIL indennizza il solo “danno biologico”, definito dal legislatore come la “lesione dell’integrità psicofisica suscettibile di valutazione medico-legale della persona” (cfr. art. 13, co. 1 D.Lgs. n. 38/2000). Vi sono quindi pregiudizi diversi dal “danno biologico superiore al 6%” che l’INAIL non indennizza -ad es. il danno “morale”, il danno biologico fino al 5%. etc.- ed ai quali il lavoratore non potrà aspirare nell’ipotesi di infortunio capitato solo per “fatalità”.
L’infortunio “in itinere”
La copertura INAIL opera anche in ipotesi di infortunio “in itinere”, ovverosia avvenuto durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro.
Rientra nell’ambito di tutela lo spostamento avvenuto con qualsiasi modalità (ad es. mezzi pubblici, a piedi, etc.) a condizione però che sussistano la finalità lavorativa, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari.
Nel caso di spostamento effettuato con l’utilizzo di un mezzo privato (auto, motoveicolo, bicicletta, etc.) l’infortunio è coperto dall’assicurazione INAIL solo se tale uso sia da considerarsi necessitato.
La normalità del tragitto è esclusa (quindi la copertura INAIL viene meno) nei casi di interruzioni e/o deviazioni dall’usuale percorso salvo alcune ipotesi specifiche, come ad es. l’accompagnamento dei figli a scuola, il fatto di essere state concordate con il datore di lavoro, la sussistenza di situazioni eccezionali o di necessità.
Il risarcimento del danno per l’ipotesi di “responsabilità del datore di lavoro”
Nel caso in cui l’infortunio sul lavoro sia determinato (anche) da una violazione della normativa in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro (cfr. attualmente D.Lgs. n. 81/2008), sussiste la responsabilità del datore di lavoro ed in conseguenza di ciò il lavoratore avrà diritto altresì -ed in aggiunta alla prestazioni erogate dall’INAIL- ad un risarcimento del danno (c.d. “danno differenziale”) sulla base delle ordinarie norme di responsabilità civile (cfr. art. 2087 c.c.).
In sostanza il “danno differenziale” al quale sarà tenuto il datore di lavoro corrisponde alla differenza tra il complessivo danno effettivamente patito dal lavoratore e quanto erogato dall’INAIL a titolo di indennizzo.
Perché possa sussistere tale ipotesi, quindi, è necessario che il lavoratore dimostri che l’evento che ha comportato l’infortunio derivi effettivamente da una responsabilità del datore di lavoro per non aver predisposto le adeguate misure di sicurezza a tutela della salute dei lavoratori. Al fine di aspirare al risarcimento, pertanto, il lavoratore ha l’onere di provare (cfr. art. 2697 c.c.) che: il datore di lavoro non ha predisposto le misure di sicurezza idonee a prevenire l’evento; vi sia una diretta consequenzialità tra il comportamento omissivo in termini di sicurezza del datore di lavoro e il danno subito; il danno che ha subito non rientra in ciò che è stato indennizzato dall’INAIL.
Il concorso di colpa del lavoratore
Tra le possibilità che il datore di lavoro ha di andare esente, in tutto o in parte, da responsabilità vi è quella di dimostrare che lo stesso lavoratore infortunato non è stato diligente nello svolgere le proprie mansioni al punto da concorrere nella causazione dell’evento ovvero nell’aggravamento del danno subito (cfr. art. 1227 c.c.).
Solo in un caso il lavoratore può essere ritenuto responsabile esclusivo dell’accaduto (con conseguente venir meno in toto di ogni diritto risarcitorio): quando abbia tenuto un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto alle mansioni affidate e alle direttive ricevute. Se così non è al lavoratore potrà al più essere addebitato un concorso nell’accadimento dell’infortunio, in misura variabile a seconda del caso concreto, derivandone una proporzionale diminuzione del risarcimento.
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