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Liti tra vicini di casa: quali sono i tuoi diritti?

Schiamazzi ed urla ad ogni ora del giorno, briciole gettate dal piano di sopra, rumore di tacchi a mezzanotte, piante che strabordano dal confine e tolgono luce alla propria abitazione, cani che abbaiano in continuazione: che si tratti di un condominio o case indipendenti tutti nella vita ci siamo trovati a dover affrontare situazioni del genere e soprattutto a chiederci “possibile che il mio vicino possa continuare indisturbato a comportarsi in questo modo?”.

Liti tra vicini di casa

Come risolvere le liti tra vicini?

Le statistiche parlano chiaro: 8 italiani su 100 hanno intrapreso una vertenza giudiziale con il vicino e circa il 32% ha litigato almeno una volta con il proprio dirimpettaio. Questi numeri dimostrano come la via del dialogo non sempre sia facile da percorrere.

In materia di liti tra vicini la via da preferire è certamente quella di trovare un accordo in modo da non esasperare i rapporti – specie quelli futuri.

Ciò, però, non significa tollerare ogni forma di arroganza e/o prevaricazione. Pertanto, se risulterà impossibile trovare un punto di incontro tra le reciproche esigenze, l’ordinamento ha previsto una serie di rimedi per tutelarsi dai vicini prepotenti.

Il ruolo dell’amministratore di condominio nelle liti tra vicini

Prima di rivolgersi ad un avvocato per la tutela dei propri diritti, se la lite insorge all’interno di un condominio, una soluzione percorribile potrebbe essere quella di rivolgersi all’amministratore di condominio.

Questi, infatti, se la condotta lamentata viola il regolamento del condominio, è obbligato a portare la questione in assemblea al fine di valutare la possibilità di comminare al condomino molesto un’ammenda pari ad € 200,00, che, in caso di recidiva, può raggiungere gli € 800,00 (ex art. 70 disposizioni di attuazione c.c.)

In tutti gli altri casi bisogna tenere bene a mente che l’amministratore non è obbligato ad intervenire nei dissidi privati tra condòmini a meno che la controversia non possa avere importanza in relazione alla gestione e/o conservazione delle parti comuni.

Quando rivolgersi ad un avvocato per risolvere le liti tra vicini?

Fallito ogni tentativo di intesa, per tutelare i propri diritti è necessario rivolgersi ad un avvocato che si occupa di diritto condominiale che possa consigliare gli strumenti migliori per ottenere la risoluzione della controversia.

Di norma il professionista provvederà all’invio di una lettera di diffida nell’estremo tentativo di far conciliare le parti contendenti.

Nel caso in cui anche quest’ultimo tentativo fallisca non rimane altra strada che la proposizione della mediazione e/o l’introduzione di un ricorso giudiziale.

La mediazione civile per le liti di vicinato

In materia di liti condominiali e/o tra vicini di casa la mediazione oltre ad essere obbligatoria è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. In altri termini, senza aver esperito un tentativo di mediazione dinanzi ad un terzo soggetto super partes (mediatore) la domanda giudiziale verrà dichiarata improcedibile.

Il fine ultimo del procedimento di mediazione – così come disciplinato dal D.Lgs n. 28 del 4 marzo 2010– non è quello di stabilire vincitori e vinti, bensì quello di trovare una soluzione accettabile per tutti.

In questa procedura di risoluzione alternativa delle liti ricopre un ruolo fondamentale il mediatore che, affiancato dagli avvocati delle parti, le aiuta a trovare un’intesa.

In caso di raggiungimento di un accordo conciliativo, il verbale di mediazione diventerà titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.

In caso, invece, di mancato raggiungimento di un accordo conciliativo le parti potranno richiedere tutela giudiziaria.

Quando ricorrere ad un giudice per risolvere le liti tra vicini?

Se non v’è più un margine di chiarimento o se il conflitto si è inasprito in maniera eccessiva è possibile avviare un’azione legale.

La domanda giudiziale andrà proposta dinanzi all’Autorità preposta, ossia – quasi esclusivamente il Giudice di Pace – che ai sensi dell’ art. 7 c.p.c. sarà chiamato a decidere le liti:

  1. relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
  2. relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità.

Il rispetto delle distanze minime legali

Il codice civile agli artt. 873 e ss. ha provveduto a disciplinare le distanze minime per le costruzioni, piantagioni e scavi e dei muri, fossi e siepi interposti tra fondi.  

In caso di mancato rispetto il proprietario del fondo che si ritiene leso potrà ottenere la demolizione della nuova opera realizzata con ripristino della situazione antecedente nonché, ove se ne ravvisino i presupposti, il risarcimento del danno patito

Le immissioni: vietate se intollerabili

Per immissione deve intendersi qualsivoglia propagazione di fumo, calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili, provenienti da un fondo, che raggiungono il fondo vicino (art. 844 c.c.).

Il proprietario di quest’ultimo non può impedirle fintanto che queste non superino il limite della normale tollerabilità. Tale limite deve essere valutato, di volta in volta, alla luce delle circostanze del caso concreto (condizione dei luoghi, destinazione d’uso degli immobili coinvolti, superamento di limiti legali in materia di inquinamento acustico e/o atmosferico).

Alcuni tra gli esempi più comuni di immissioni sono:

Immissioni sonore

Indubbiamente uno dei problemi più rilevanti riguarda il livello di decibel troppo alti.

Chi lamenta le immissioni sonore, pertanto, per ottenerne la cessazione deve munirsi di prova che queste superino i 3 decibel rispetto al rumore di fondo.

Possono essere strumenti di prova:

  • la testimonianza di terze persone relativamente all’orario, la persistenza e la necessità del rumore;
  • il verbale della pubblica autorità chiamata sul posto (sovente capita che il soggetto leso decida di chiamare i carabinieri e/o i vigili)
  • le misurazioni effettuate tramite fonometro.

A fare la differenza, quindi, sarà la collocazione geografiche dell’immobile. Difatti, gli abitanti di uno stabile ubicato nel quartiere della movida cittadina dovranno avere una soglia di tolleranza più alta rispetto a chi abita in una zona residenziale e/o in campagna lontano da esercizi commerciali e traffico.

In caso venga rilevata l’immissione sonora, il soggetto leso ha diritto ad ottenerne subito la cessazione, mentre chi la produce viola sia l’art. 844 c.c. che l’art. 659 c.p. per disturbo alla quiete pubblica.

Detta norma, difatti, punisce con arresto ed ammenda chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici.

Le immissioni di odori

Altra problematica rilevante riguarda le immissioni di odori ossia la propagazione di odori che provengono da impianti di combustione anche ad uso domestico, da ristoranti o da unità abitative private.

A differenza delle immissioni rumorose, il fattore soggettivo ha un ruolo preponderante al quale si è cercato di porre un limite mediate l’adozione di analisi olfattometriche per valutare la rilevanza degli odori in un dato luogo.

Tra le immissioni di odori più frequenti, si registrano:

  • utilizzo di spezie in cucina
  • deiezioni di animali
  • fumi di attività commerciali (fabbriche e/o ristoranti)
  • odore di fogna e/o cattivi odori che fuoriescono dalla cantina

Le immissioni da parte di cani o di altri animali

Il regolamento di Polizia Urbana di Verona all’art. 32 dispone il divieto di tenere in abitazioni, stabilimenti, giardini od in altri luoghi privati di cani od altri animali qualora disturbino la quiete dei vicini, specialmente di notte e durante le ore destinate al riposo delle persone.

In caso contrario il detentore potrà essere diffidato ad allontanare l’animale molesto o ad adottare le misure idonee ad evitare il disturbo con la necessaria precisazione che, solo nei casi più gravi, dove è evidente il danno o il pericolo recato dell’animale, si procederà all’allontanamento dello stesso.

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