Il contratto preliminare di compravendita è un accordo con il quale il venditore ed il compratore si impegnano reciprocamente a stipulare in un secondo momento il contratto definitivo di vendita. Detto atto deve avere necessariamente forma scritta a pena di nullità (art. 1351 c.c.) e contenere già gli elementi essenziali dello stesso, in particolare l’indicazione di oggetto e prezzo.
Nella pratica può capitare che una delle parti, per svariati motivi, una volta firmato il preliminare, non voglia poi procedere alla stipula del contratto definitivo rendendosi, quindi, inadempiente rispetto agli obblighi assunti nel contratto preliminare.
In tale ottica, si consiglia vivamente di non improvvisarsi rivolgendosi ad un professionista competente che potrà predisporre un contratto preliminare di compravendita immobiliare in base alle esigenze delle parti prevedendo, altresì, i rimedi da attuare in caso di inadempimento.
- Cosa succede in caso di inadempimento al contratto preliminare di compravendita?
- Richiesta di esecuzione del contratto ex art. 2932 c.c.
- Risoluzione del contratto preliminare di compravendita e risarcimento del danno
- L’esercizio del diritto di recesso nel contratto preliminare di compravendita
- La caparra confirmatoria
- L’azione di risoluzione e il diritto di recesso sono compatibili?
- Forma e modalità di pagamento della caparra confirmatoria
- Caparra confirmatoria e acconto
- Differenza tra caparra confirmatoria e caparra penitenziale
- Differenza tra caparra confirmatoria e clausola penale
Cosa succede in caso di inadempimento al contratto preliminare di compravendita?
Quando una delle parti non intende più procedere con la stipula del contratto definitivo l’altra parte ha la possibilità di ricorrere a tre diversi rimedi:
- Richiesta di esecuzione in forma specifica
- Risoluzione del contratto e risarcimento del danno
- Esercitare il diritto di recesso
Richiesta di esecuzione del contratto ex art. 2932 c.c.
L’articolo 2932 c.c. prevede che la parte non inadempiente possa ricorrere al Giudice per ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.
Per quanto attiene al preliminare di vendita, attraverso la proposizione di una domanda giudiziale, si otterrà una sentenza produttiva degli effetti di un contratto di vendita. In altri termini con l’accoglimento della domanda giudiziale la proprietà dell’immobile sarà trasferita alla parte non inadempiente dopo regolare trascrizione nei registri immobiliari.
In tale maniera, quindi, si ottengono i medesimi effetti come andare dal Notaio.
Per poter chiedere l’esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. di un preliminare di compravendita sono necessari due presupposti:
- che nel preliminare siano già presenti tutti gli elementi essenziali per la stipula del contratto definitivo;
- che la parte che agisce abbia eseguito la propria prestazione. Per esempio, supponendo che sia il promissario acquirente a richiedere l’adempimento/esecuzione, questi deve aver corrisposto il prezzo o lo deve aver offerto nei modi di legge, diffidando il promittente venditore a presentarsi avanti il Notaio per procedere alla stipula del definitivo e al saldo del prezzo.
La richiesta di adempimento/esecuzione ex art. 2932 c.c., non preclude comunque la possibilità di cambiare idea e optare per la risoluzione del contratto.
Risoluzione del contratto preliminare di compravendita e risarcimento del danno
La parte non inadempiente può chiedere la risoluzione del contratto preliminare e la condanna al risarcimento del danno, come previsto in via generale dall’art. 1453 c.c..
In tale ipotesi è necessario mettere in mora la controparte, dandogli un termine per adempiere (art. 1454 c.c.). Decorso infruttuosamente il termine il contratto sarà risolto.
Altra ipotesi è quella della clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) mediante cui i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.
In questa ipotesi la volontà dei contraenti va a sostituirsi al controllo giudiziale della gravità dell’inadempimento, pertanto le varie obbligazioni devono essere indicate in modo preciso e specifico.
In allegato potrai trovare un FAC-SIMILE di clausola risolutiva espressa.
Il soggetto che opta per la risoluzione del contratto, non può cambiare idea in corso di giudizio chiedendo l’adempimento così come la parte inadempiente non potrà più adempiere tardivamente.
Allo stesso modo, una volta scelta la risoluzione del contratto preliminare di compravendita non è più data facoltà al soggetto adempiente di chiedere il recesso facendo operare il meccanismo della caparra confirmatoria. Su tali basi emerge chiaramente come la strada della risoluzione contrattuale sia da prediligere ogni qual volta si ritenga il danno patito maggiore rispetto alla singola o doppia caparra confirmatoria.
L’esercizio del diritto di recesso nel contratto preliminare di compravendita
Nella maggior parte dei contratti preliminari di compravendita viene prevista la caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c..
Per caparra confirmatoria si deve intendere quella somma di denaro che una parte consegna all’altra – al momento della conclusione del contratto preliminare – a garanzia dell’impegno preso.
La funzione della caparra confirmatoria non è solo di conferma del contratto e di anticipo della prestazione ma, in caso di eventuale inadempimento, di indennizzo preventivo.
La caparra confirmatoria
In caso di inadempimento ad un preliminare di compravendita potrà essere applicato il meccanismo della caparra confirmatoria secondo cui:
- Il promittente venditore può esercitare il diritto di recesso dal contratto preliminare di compravendita laddove l’acquirente decida di non adempiere all’obbligo di stipula del definitivo trattenendo la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria;
- Il promissario acquirente, invece, potrà esigere dal venditore il doppio della caparra confirmatoria versata se questi non dà seguito all’obbligo di stipula del contratto definitivo.
Come anticipato, la caparra confirmatoria funge da risarcimento del danno, permettendo alla parte che vuole recedere dal contratto di avere già preventivamente quantificato l’ammontare del ristoro ancor prima di rivolgersi al Giudice.
Mentre in tutti gli altri casi sarà onere della parte che lo richiede provare l’esistenza e l’ammontare dei danni patiti.
In buona sostanza, mediante l’esercizio del diritto di recesso si ha già la certezza dell’ammontare dell’indennizzo che si potrà ricevere, mentre optando per la risoluzione del contratto si potrà ottenere un maggior ristoro che però deve essere provato rigorosamente durante un giudizio.
L’azione di risoluzione e il diritto di recesso sono compatibili?
Ad un primo esame, è difficile cogliere le differenze che vi sono tra la risoluzione del contratto per inadempimento e l’esercizio del recesso.
La stessa giurisprudenza per anni ha dibattuto – con orientamenti opposti – sulla compatibilità di queste due azioni discutendo sulla possibilità di convertire, in corso di giudizio, la domanda di risoluzione del contratto in domanda di recesso.
Nel 2009, però, la Cassazione a Sezioni Unite ha fatto definitivamente chiarezza stabilendo che l’azione di risoluzione e risarcimento integrale e l’azione di recesso e ritenzione della caparra confirmatoria possono essere proposte solo in via alternativa.
Ciò perché le due azioni “si pongono in un rapporto di assoluta incompatibilità strutturale e funzionale: proposta la domanda di risoluzione, volta al riconoscimento del diritto al risarcimento integrale dei danni asseritamente subiti, non può ritenersene consentita la trasformazione in domanda di recesso con ritenzione della caparra perché (…) verrebbe così a vanificarsi la funzione principale della caparra, quella di consentire una liquidazione anticipata e convenzionale del danno volta ad evitare l’instaurazione di un giudizio contenzioso, consentendosi inammissibilmente alla parte non inadempiente di “scommettere” puramente sul processo, senza rischi di sorta”. (Cass. Civ. Sez. Unite, n. 553 del 14.01.2009)
Pertanto, in caso di inadempimento del contratto preliminare di compravendita, la parte che agisce in giudizio per la risoluzione e il risarcimento del danno, non può in un secondo momento convertire la domanda chiedendo il recesso e trattenere la caparra ricevuta.
Forma e modalità di pagamento della caparra confirmatoria
Non sono richieste formule particolari, ma all’interno del contratto preliminare di compravendita va espressamente indicato che una parte consegna all’altra una somma di denaro a titolo di caparra confirmatoria, proprio per differenziarla dal mero acconto.
Chi la versa, in genere tramite assegno o bonifico, può chiedere il rilascio di una ricevuta, in cui la controparte attesta la ricezione della suddetta somma versata a titolo di caparra confirmatoria.
Per maggiore chiarezza puoi scaricare un FAC-SIMILE di caparra confirmatoria.
Caparra confirmatoria e acconto
Come anticipato, la caparra confirmatoria e l’acconto non sono la stessa cosa, anche se spesso i due termini vengono confusi.
Infatti l’acconto è semplicemente un pagamento anticipato di una parte del prezzo totale pattuito dalle parti.
La caparra confirmatoria invece, ha anche una funzione risarcitoria in caso di inadempimento della controparte: può essere trattenuta dal venditore senza essere restituita o l’acquirente può esigerne il doppio.
L’equivoco nasce dal fatto che nella maggior parte dei casi, al momento della stipula del definitivo anziché optare per la restituzione della caparra confirmatoria, per comodità, si sceglie di imputarla in acconto sull’importo totale dovuto.
Differenza tra caparra confirmatoria e caparra penitenziale
Nel Codice Civile è menzionato un altro tipo di caparra all’art. 1386 c.c.,: la caparra penitenziale.
Si tratta di una somma di denaro che viene corrisposta alla conclusione del contratto in cambio della possibilità di recedere dal contratto stesso, ossia un corrispettivo predeterminato del diritto di recesso.
La caparra penitenziale non ha altre funzioni, come invece la caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. di autotutela e di preventiva liquidazione del danno in caso di inadempimento della controparte.
Se recede chi ha versato la caparra penitenziale, la perde, mentre viene trattenuta dalla parte che non recede. La caparra penitenziale va restituita nel caso in cui il diritto di recesso non venga esercitato.
In allegato potrai trovare un FAC-SIMILE di caparra penitenziale.
Differenza tra caparra confirmatoria e clausola penale
Le parti nella redazione delle condizioni del contratto sono libere di inserire anche una clausola penale.
La netta differenza con la caparra confirmatoria sta proprio nel fatto che la clausola penale pone un limite al danno risarcibile. La previsione di una clausola penale ha lo scopo di liquidare preventivamente e forfetariamente il danno per il ritardo o per l’inadempimento dell’obbligazione, salvo che sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
Il Codice Civile spiega gli effetti della clausola penale all’art. 1382 c.c.: con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione (in genere somma di denaro), che limita il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta una risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.
La parte che beneficia della penale non dovrà provare alcun danno, la penale è dovuta per il fatto stesso dell’inadempimento o del ritardo, anche se il ricevente non ha in realtà subito danni, ma il risarcimento sarà limitato all’importo della clausola penale pattuita.
È bene precisare che vige il divieto di cumulo, ex art. 1383 c.c., per cui il creditore deve scegliere se chiedere l’adempimento o decidere di esigere la clausola penale. Non è possibile chiedere entrambi, a meno che la penale non sia prevista per il semplice ritardo.
Per maggiore chiarezza puoi scaricare un FAC-SIMILE di clausola penale